lunedì 22 aprile 2013

Il mondo alla rovescia


Sono su questa strada larga, nella pianura piu’ pianura e passo sotto un grande cartello verde MILANO.
Alla fine e’ una città che nulla nega. Non mi ha partorita, di me sa solo quello che ho voluto farle sapere. Possiede buona parte dei miei ricordi da 8 anni a questa parte, ma di quello che ero prima non ha quasi nulla, se non qualche mio racconto lasciato andare camminando per le strade, al pozzo con Maria o chissà dove altro.

Salivo in aereo e pensavo che ho la fortuna / sfortuna di vivere due vite. Una mi vede svegliarmi quasi tutti i giorni e quasi sempre sbrodolata di sonno senza voglia alcuna di andare a lavoro, l’altra vive su una nuvola, una parentesi allegra legata ad un passato che e’ cresciuto e che in un modo o nell’altro e’ ancora lì che mi aspetta, ho sempre un posticino riservato con il mio nome sopra.

E forse tra le due, a dispetto di tutti i forti pregiudizi che avevo infilato in valigia tempo fa, la più aperta e’ proprio la città del cemento. Che mi chiama terrona solo per farmi sorridere, che ripone su di me le stesse aspettative che ha su tutti gli altri e che, col tempo e con le persone giuste, mi ha fatta innamorare di sé.

E allora quando mi ritrovo a casa mia a disprezzare qualche "ospite" (...oh foggiani abbiate pietà di me, ma al cuor non si comanda!) che "infesta" le mie strade penso che Tie’, ben mi sta! Tanto di cappello a chi possiede quest’accento con la puzza sotto al naso e che invece ha tanto da insegnarmi.

Perché in fondo si e’ sempre a sud di qualcun altro.

Touché



martedì 16 aprile 2013

Il peso specifico del passato


Una domanda di colloquio era: quanto pesano le nuvole?

E lì devi bloccarti in bocca il tuo infantile “Nulla” ed intavolare ragionamenti da persona smart, fast, una spanna sopra, un piede avanti … per arrivare a decretare che No, le nuvole hanno un peso non trascurabile, sono composte d’acqua eccetera eccetera.

Quando arrivi alla fine del discorso, pezzato dall’ansia, ti senti come Cristoforo Colombo, sei riuscito nel tuo obiettivo: dimostrarti smart, vincere un posto di lavoro invidiato, il tuo cervello ha camminato piu’ veloce del tuo cuore e le nuvole per te, ora, hanno un peso.

Per me e’ meno di una vittoria, e’ come scoprire (e dimostrare) che babbo natale non esiste, che per alcuni la cicogna implica un ciclo estenuante di cure di fertilità, che si può morire anche a 37 anni, a dispetto di tutti gli audio libri e film Disney di cui ti nutri da bambino.

In tutta la nostra vita c’e’ meno poesia di quanto vorremmo che ce ne fosse e di quanto inizialmente ci educano a pensare.

E allora aggiungo che oltre alle nuvole anche il passato ha un peso non indifferente.
Il passato pesa anche e soprattutto se e’ un passato morto. Pesa se e’ vivo e ti abbandona, anche se lo ignori, se ti ignora o se lo nascondi sotto il tappeto.


Di questa consapevolezza non so ancora cosa me ne farò. Per ora ne parlo, ne scrivo e mi scappa quel sorriso con la lacrima

e tu, cugi mia, sai di che parlo.

giovedì 11 aprile 2013

Post Postilla

Dato lo sbocciare di fiori d'arancio tra tante amiche, parenti e chi piu’ ne ha piu’ ne metta... urge inserire una piccola (paracula) postilla al post...

Care amiche,
fate bene a sposarvi rispettando tutti i tempi, godendovi a pieno le emozioni del -365, - 364, -363, della prova trucco e parrucco, della scelta del terzo contorno e della lunghezza dello strascico (ora capisco perché  le chiese sono tanto pulite :) ).

Come Cenerentola sogna il belloccio dal sangue blu ed una vita alla Kate Middleton, io preferisco sognare il mio "matrimonio".

A ciascuno il suo  :)


(paraculissima direi!)

venerdì 5 aprile 2013

hic et nunc


In fondo tutti ad un certo punto si sposano.

Il sogno di una vita, l’incidente di percorso, il volersi sentire un po’ più uguali a tutti gli altri, il voler far parte a tutti i costi della timeline di cui tutti parlano: la coppia, i difetti dell’uno e dell’altro, il Ma in fondo ci amiamo da morire, il forse ci sposiamo (per Lui), il speriamo che me lo chieda/ma quando arriva l’anello? (per Lei – ho tralasciato tutte le poco edificanti elucubrazioni con le amiche su segnali deboli lasciati in giro per casa o sulle strattonate casualissime davanti le vetrine di Tiffany, grammi, carati, oro giallo, bianco, rosa, io ce l’ho più grande, il tuo di che forma e’ …. Ma poi qui si sfocia altrove!).
Finalmente Lui prende il coraggio con due mani e decide che sì, la prenderà in sposa, le chiederà la mano, vuole mettere nero su bianco che l’ama e vorrà farlo per sempre! Ah, se solo sapesse!
 Non l’avesse mai fatto…. Ecco che subentra il periodo peggiore, per chi lo vive e per i malcapitati accanto: la preparazione delle nozze. Come minimo 365 giorni da dedicare alla pianificazione di ogni singolo istante di quello che già a priori sanno sarà (pensa che cazzo di assurda aspettativa!) il giorno più bello della loro vita.
I primi mesi (con degli strascichi anche durante tutto il periodo pre-giornopiu’bellodellanostravita) si passano tra amici, parenti, perfetti sconosciuti alla fermata del tram, dal fruttivendolo, in aeroporto (inizialmente incuriositi e con l’espressione classica del Beati voi/ Che dio vi benedica, ma già a metà monologo sfatti che implorano pietà) a raccontare tutto, ma proprio tutto (anche quello che non si vorrebbe mai sapere) del “Come me lo ha chiesto!!!”. Generalmente e’ Lei che guida il racconto: un flagello di particolari condiscono lo sproloquio della Cenerentola in questione, romanticamente sedotta  (e non ancora abbandonata!), a cui brillano gli occhi ad ogni parola. Lui segue ogni gesto di Lei, della sua piccioncina, a volte completa addirittura le sue frasi, ormai il copione e’ ben noto ad entrambi! I piu’ spavaldi abbassano lo sguardo e non nascondo un certo sorrisetto, come a dire eh, si, tutta questa figata e’ merito mio!   (Che te possino…. mugugna il poverino conosciuto al bar).
Dopo mesi di isteria collettiva, di prove trucco, scelta di abito, capigliatura, primo secondo contorno, chiesa o comune, parroco o assessore, arriva finalmente quel giorno.


Be’, tutto questo mi sembra semplicemente assurdo, antitesi perfetta dell’ebbrezza dell’amore, quello vero.

Ma quanto sarebbe bello sposarsi alla fine di una serata stupenda, quando si e’ brilli al punto giusto, una di quelle serate che ricordi anche a distanza di anni, quando tutto supera ogni migliore aspettativa e non c’e’ un attimo che non ricorderai con emozione?
Quanto sarebbe vero sposarsi con un vestito su cui hai rimuginato si e no 5 minuti davanti all’armadio, non convinta dell’abbinamento con la borsa ma si ormai e’ tardi esco, tanto chi se ne frega?
Quanto sarebbe autentico sposarsi esattamente un momento dopo averlo deciso, quando il sangue e’ ancora caldo e il cuore batte talmente forte, in preda ad un’emozione mai provata?
Perché aspettare, raccontare, pianificare, provare, perlustrare, e poi di nuovo riprovare, fino allo sfinimento? Perché rendere un atto d’amore la delivery di un Gantt del sentimento?
Che gioco e’ tutto questo?

Qualsiasi meccanismo ci spinga a suggellare il nostro amore con un estenuante tour de force di ristoranti chiese e boutique, spero vivamente di non finirci mai dentro.
Di non venir trito-risucchiata dai lustrini del fare la lista nozze, scegliere la location, trovare il menù più adatto e creare il look migliore, ma di restare sempre e solo pro-amore, quello che si fa in due e che non ha bisogno di invitati, testimoni ed esperti di settore. 
E per il resto poi.... Viva gli sposi!