In fondo tutti ad
un certo punto si sposano.
Il sogno di una
vita, l’incidente di percorso, il volersi sentire un po’ più uguali a tutti gli
altri, il voler far parte a tutti i costi della timeline di cui tutti parlano:
la coppia, i difetti dell’uno e dell’altro, il Ma in fondo ci amiamo da morire, il forse ci sposiamo (per Lui), il speriamo
che me lo chieda/ma quando arriva l’anello? (per Lei – ho tralasciato tutte
le poco edificanti elucubrazioni con le amiche su segnali deboli lasciati in
giro per casa o sulle strattonate casualissime davanti le vetrine di Tiffany,
grammi, carati, oro giallo, bianco, rosa, io ce l’ho più grande, il tuo di che
forma e’ …. Ma poi qui si sfocia altrove!).
Finalmente Lui
prende il coraggio con due mani e decide che sì, la prenderà in sposa, le chiederà
la mano, vuole mettere nero su bianco che l’ama e vorrà farlo per sempre! Ah,
se solo sapesse!
Non l’avesse mai fatto…. Ecco che subentra il
periodo peggiore, per chi lo vive e per i malcapitati accanto: la preparazione
delle nozze. Come minimo 365 giorni da dedicare alla pianificazione di ogni
singolo istante di quello che già a priori sanno sarà (pensa che cazzo di
assurda aspettativa!) il giorno più bello della loro vita.
I primi mesi (con
degli strascichi anche durante tutto il periodo pre-giornopiu’bellodellanostravita)
si passano tra amici, parenti, perfetti sconosciuti alla fermata del tram, dal
fruttivendolo, in aeroporto (inizialmente incuriositi e con l’espressione
classica del Beati voi/ Che dio vi benedica, ma già a metà monologo sfatti che
implorano pietà) a raccontare tutto, ma proprio tutto (anche quello che non si
vorrebbe mai sapere) del “Come me lo ha chiesto!!!”. Generalmente e’ Lei che
guida il racconto: un flagello di particolari condiscono lo sproloquio della
Cenerentola in questione, romanticamente sedotta (e non ancora abbandonata!), a cui brillano
gli occhi ad ogni parola. Lui segue ogni gesto di Lei, della sua piccioncina, a
volte completa addirittura le sue frasi, ormai il copione e’ ben noto ad
entrambi! I piu’ spavaldi abbassano lo sguardo e non nascondo un certo
sorrisetto, come a dire eh, si, tutta
questa figata e’ merito mio! (Che te possino…. mugugna il poverino
conosciuto al bar).
Dopo mesi di
isteria collettiva, di prove trucco, scelta di abito, capigliatura, primo
secondo contorno, chiesa o comune, parroco o assessore, arriva finalmente quel
giorno.
Be’, tutto questo
mi sembra semplicemente assurdo, antitesi perfetta dell’ebbrezza dell’amore,
quello vero.
Ma quanto sarebbe
bello sposarsi alla fine di una
serata stupenda, quando si e’ brilli al punto giusto, una di quelle serate che
ricordi anche a distanza di anni, quando tutto supera ogni migliore aspettativa
e non c’e’ un attimo che non ricorderai con emozione?
Quanto sarebbe vero sposarsi con un vestito su cui hai
rimuginato si e no 5 minuti davanti all’armadio, non convinta dell’abbinamento
con la borsa ma si ormai e’ tardi esco, tanto chi se ne frega?
Quanto sarebbe autentico sposarsi esattamente un momento
dopo averlo deciso, quando il sangue e’ ancora caldo e il cuore batte talmente
forte, in preda ad un’emozione mai provata?
Perché aspettare,
raccontare, pianificare, provare, perlustrare, e poi di nuovo riprovare, fino
allo sfinimento? Perché rendere un atto d’amore la delivery di un Gantt del
sentimento?
Che gioco e’
tutto questo?
Qualsiasi
meccanismo ci spinga a suggellare il nostro amore con un estenuante tour de
force di ristoranti chiese e boutique, spero vivamente di non finirci mai
dentro.
Di non venir
trito-risucchiata dai lustrini del fare
la lista nozze, scegliere la
location, trovare il menù più adatto
e creare il look migliore, ma di restare sempre e solo pro-amore,
quello che si fa in due e che non ha bisogno di invitati, testimoni ed esperti di
settore.
E per il resto poi.... Viva gli sposi!